
Negli ultimi giorni Spotify ha mosso un passo deciso contro il mondo del “modding”, ammesso e non concesso che di quello si tratti. Il servizio di streaming musicale ha infatti inviato un avviso DMCA al team di ReVanced, noto per le sue patch che sbloccano funzioni normalmente riservate agli utenti premium.
Il cuore della disputa è il cosiddetto Unlock Premium patch (chissà cosa farà mai! – NdR), che consente agli utenti di usare alcune funzioni a pagamento senza pagare un centesimo.
Secondo l’avviso DMCA inviato, Spotify accusa ReVanced di aver creato una patch che costituisce un’opera derivata e che aggira i sistemi di protezione previsti dalla piattaforma. L’azienda cita in particolare le tecnologie di cifratura e i protocolli di chiave di trasferimento, oltre alle limitazioni pensate per distinguere gli utenti gratuiti da quelli a pagamento.
Nella ricostruzione di Spotify, l’Unlock Premium patch permette agli utenti di accedere a funzionalità riservate, come il salto illimitato dei brani, senza sottoscrivere un abbonamento. Non si tratterebbe quindi solo di una modifica estetica, ma di un vero e proprio bypass delle barriere tecnologiche, vietato dall’articolo 1201 del DMCA statunitense.
Dal lato opposto, il team di ReVanced sostiene che la patch non copia codice proprietario e non consente di scaricare né di ascoltare contenuti non già disponibili nella versione gratuita. Le funzioni sbloccate riguarderebbero più che altro la comodità d’uso, senza aprire la porta a forme dirette di pirateria musicale.
Tuttavia, alcuni precedenti legali negli Stati Uniti (come 321 Studios v. MGM e MDY v. Blizzard) dimostrano che anche modifiche “di funzionalità” possono essere considerate aggiramento illecito. La risposta di ReVanced non si è fatta attendere, con un appello pubblico a esperti legali per valutare la portata del problema.
La situazione attuale richiama subito alla mente altri casi che hanno segnato la storia del modding su Android. ReVanced nasce infatti dalle ceneri di Vanced, l’app alternativa a YouTube che fu chiusa nel 2022 a seguito di pressioni legali da parte di Google. Già allora era apparso chiaro quanto fragile fosse l’equilibrio tra comunità di sviluppatori indipendenti e colossi del web. Ma a quanto pare non è servita da lezione.
Tra l’altro, non si tratta del primo scontro nemmeno per ReVanced. Negli anni scorsi, il progetto ha ricevuto altri takedown DMCA, che avevano portato alla rimozione di specifiche patch e repository. Spotify stessa aveva già cominciato a irrigidire i controlli contro le versioni modificate della propria app, introducendo sistemi di rilevamento e blocco per gli APK alterati.
Ora, con una contestazione formale, il rischio per ReVanced è di dover eliminare ogni supporto a Spotify dalle sue patch, con un impatto diretto su una delle funzioni più richieste dagli utenti (chissà di nuovo perché! – NdR). La community osserva con attenzione l’evolversi della vicenda, perché l’esito potrebbe creare un (ulteriore) precedente significativo non solo per ReVanced, ma per tutto l’ecosistema di progetti che vivono su quel confine sottile tra personalizzazione e violazione del copyright.
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