
Il 2025 ha già sfornato diversi titoli memorabili e, anche se l’anno non è ancora finito, possiamo già identificare cinque giochi che si sono distinti per originalità, qualità tecnica e impatto emotivo. Alcuni hanno saputo innovare un genere, altri hanno elevato una formula già nota, e c’è chi ha colpito al cuore con la sola forza della narrazione.
Dal dramma condiviso di Split Fiction al surreale survival di The Alters, passando per il JRPG pittorico Clair Obscur: Expedition 33, il ritorno next-gen di Donkey Kong e la nuova visione di Hideo Kojima in Death Stranding 2, ecco i cinque giochi del 2025 che, almeno per ora, non puoi permetterti di ignorare.
Tra i giochi più sorprendenti del 2025 spicca senza dubbio Split Fiction, un titolo firmato da Hazelight Studios e pubblicato da EA, che porta avanti la visione cooperativa già sperimentata in It Takes Two. Ma qui la posta in gioco è più alta: Split Fiction non è solo una sfida ludica in due, è un esperimento narrativo strutturato su doppie prospettive che si fondono in una sola realtà condivisa.
Il gioco è una co-op narrativa in locale od online, in cui due protagonisti affrontano una storia che si evolve in modo dinamico, reagendo alle scelte fatte da entrambi i giocatori. Non si tratta solo di decidere “cosa fare” nei dialoghi, ma di vivere due linee temporali parallele, con eventi diversi che si influenzano a vicenda in tempo reale. Le situazioni cambiano in base al tempismo, alla cooperazione e anche alle incomprensioni tra i due.
Dal punto di vista del gameplay, Split Fiction alterna fasi esplorative, puzzle ambientali e interazioni emotive, con una scrittura ispirata che tocca tematiche adulte e mature — dalla perdita all’identità, fino ai legami familiari. Lo stile visivo è realistico ma curato, con ambientazioni evocative e una regia che valorizza la narrazione.
Il punto di forza è la capacità di far dialogare gameplay e racconto: non è solo una storia da seguire, ma da costruire insieme. Il difetto principale, sempre si possa parlare di difetto? È pensato per due persone vere, sedute (o collegate) l’una accanto all’altra. Che nell’era del multiplayer online fa un po’ strano. Eppure proprio grazie al contesto “fisico”, Split Fiction diventa semplicemente indimenticabile.
Tra le sorprese più affascinanti del 2025 c’è Clair Obscur: Expedition 33, un gioco di ruolo giapponese… che non è giapponese. Sviluppato da Sandfall Interactive e pubblicato da Kepler Interactive, si tratta di un JRPG narrativo con combattimenti a turni, ma ambientato in un mondo ispirato alla pittura a olio francese e a suggestioni poetiche. È un titolo capace di catturare l’attenzione già dal primo trailer, con un’estetica che sembra uscita da un dipinto in movimento.
La trama ruota attorno a un evento ciclico chiamato “Gommage”, in cui un’entità misteriosa (la Pittrice) cancella periodicamente chiunque abbia raggiunto l’età che essa stessa dipinge su un gigantesco obelisco di pietra. Il giocatore guida un gruppo di personaggi destinati a questa fine, in una spedizione disperata per cambiare il destino. Il risultato è una storia malinconica, elegante, sospesa tra tragedia personale e speranza collettiva.
Dal punto di vista del gameplay, il gioco propone turni dinamici in cui il giocatore può schivare e parare in tempo reale, introducendo una componente di abilità nei combattimenti a turni classici. Il sistema ricorda quello di Paper Mario o Persona 5, ma con un ritmo tutto suo, che valorizza strategia e riflessi. Il design dei nemici e degli ambienti è straordinario: ogni area ha una palette cromatica unica ma profondamente evocativa.
Tra i punti di forza, spiccano sicuramente l’immaginario visivo unico, la profondità tematica e il sistema di combattimento ibrido, che riesce a essere moderno senza tradire il cuore del genere. Il difetto più evidente, invece, è una certa lentezza nel ritmo in alcune fasi, dove sembra che alcuni combattimenti siano stati inseriti quasi più come riempitivo che come valore aggiunto vero e proprio.
Nonostante qualche passo falso, Clair Obscur: Expedition 33 è una dichiarazione d’amore per l’arte, la vita e il tempo. Un’esperienza più contemplativa che spettacolare (anche se durante alcuni combattimenti è incredibile), ma proprio per questo, tra le più memorabili dell’anno. È il nostro contendente preferito al GOTY.
The Alters è uno di quei giochi che, nel momento stesso in cui lo inizi, sai già che non sarà un’esperienza come le altre. Sviluppato da 11 bit studios (gli stessi di This War of Mine e Frostpunk), questo titolo unisce survival, gestione delle risorse e introspezione psicologica, portando il genere verso una dimensione completamente nuova.
Il protagonista, Jan, è un uomo solo su un pianeta ostile e radioattivo. Ma non è esattamente solo: può creare versioni alternative di sé stesso, gli “Alters”, ciascuno derivante da una diversa scelta che avrebbe potuto compiere nella sua vita. C’è il Jan medico, il Jan ingegnere, il Jan codardo, il Jan arrabbiato. Ognuno ha abilità specifiche, ma anche una personalità, una memoria e una prospettiva sul mondo. E convivere con loro… non è affatto semplice.
A livello di gameplay, The Alters è un survival gestionale in tempo reale, dove si costruiscono moduli, si assegnano compiti, si ottimizzano risorse. Ma ogni decisione tecnica ha ripercussioni umane: più Alters crei, più il rischio di conflitti, paranoia e isolamento aumenta. La base spaziale è al tempo stesso un rifugio e una prigione. L’intreccio tra narrazione e gestione è il vero cuore del gioco, che riesce a raccontare la crisi d’identità attraverso la meccanica stessa.
Tra i punti di forza, spicca l’originalità assoluta del concept, la scrittura profonda e l’ottima direzione artistica: tutto è claustrofobico, metallico, inquieto. Il gioco ti mette costantemente a disagio, ma in modo voluto, mirato, efficace. Sul fronte dei difetti, si possono segnalare una certa ripetitività nelle routine di gestione e un ritmo che, nelle fasi centrali, diventa sempre più incalzante, mettendo a dura prova pazienza e sopportazione del giocatore. Ma è parte dell’esperienza.
The Alters non è per tutti. Ma per chi cerca qualcosa di diverso, stimolante e disturbante al punto giusto, è uno dei titoli più affascinanti e ambiziosi del 2025.
Donkey Kong: Bananza è il grande ritorno del gorilla più famoso dei videogiochi, ed è un ritorno in grande stile. Con questo nuovo capitolo, pensato come titolo di lancio per Switch 2, Nintendo costruisce un’avventura che sa di classico ma è rifinita con una cura quasi maniacale. È un platform vecchia scuola, che affonda le sue radici nella tradizione più pura del marchio Donkey Kong, eppure riesce a risultare fresco, moderno, e dannatamente divertente.
La struttura di gioco è quella che i fan conoscono e amano: livelli ben costruiti, ritmo serrato, collezionabili nascosti e un’alternanza di fasi esplorative e sezioni più action. I contenuti sono abbondanti, l’atmosfera è vivace e l’umorismo tipico della serie emerge costantemente, sia nei dialoghi che nel design di nemici e boss. Il tutto è impreziosito da una direzione artistica colorata e da un comparto tecnico che sfrutta al meglio l’hardware della nuova console Nintendo, pur senza voler stupire con effetti speciali.
Il gameplay non osa più di tanto, ma perfeziona una formula già rodata: il sistema di controllo è impeccabile, le hitbox sono precise e i nuovi oggetti introdotti aggiungono varietà, senza snaturare l’esperienza. I puristi del genere si sentiranno a casa, mentre chi cercava una rottura più netta con il passato potrebbe trovare tutto un po’ troppo familiare.
Il limite più evidente è proprio nella sua natura conservativa: Bananza sorprende raramente, e anche se brilla in ogni ambito, difficilmente riesce a lasciare il segno come un vero “game changer”. Ma quando il level design è così ispirato, il ritmo così ben bilanciato e l’azione così piacevole da giocare, è difficile lamentarsi troppo.
Donkey Kong: Bananza è un’ode al platform tradizionale, un titolo solidissimo e divertente, perfetto per lanciare una nuova console e per ricordare a tutti perché Nintendo resta una maestra nel suo campo.
Con Death Stranding 2: On the Beach, Hideo Kojima torna a raccontare la sua visione di un mondo fratturato, alieno e malinconico. Il sequel del discusso (ma amato) Death Stranding non tradisce la sua natura: è un titolo che punta ancora una volta sulla narrazione cinematografica, sulla costruzione di un mondo inusuale e sull’intimità dei suoi protagonisti. Ma, a differenza del primo capitolo, qui la sorpresa lascia spazio alla consapevolezza.
Ambientato alcuni anni dopo gli eventi originali, il gioco segue nuovamente Sam Porter Bridges, ora parte di un’organizzazione più strutturata e meno solitaria. Il viaggio non è più solo fisico ma anche esistenziale, con nuovi personaggi, una minaccia più chiara e momenti di forte impatto visivo. Il cast, ancora una volta stellare, dà vita a cutscene lunghe e dense, con una regia curata e una colonna sonora impeccabile.
Il gameplay si evolve con cautela: ci sono nuovi strumenti di trasporto, più varietà ambientale, e una maggiore enfasi sulle relazioni e sull’interazione tra personaggi, ma la struttura di fondo — esplorazione, consegne, stealth e occasionali combattimenti — resta pressoché invariata. Chi ha amato il primo gioco troverà qui un’evoluzione graduale, chi invece non è entrato in sintonia con quella formula difficilmente cambierà idea.
Il punto di forza di On the Beach è la sua atmosfera: inquietante, poetica, densa di significati impliciti. La direzione artistica è ancora una volta sopra le righe, con ambientazioni surreali, creature disturbanti e sequenze che sembrano uscite da un sogno lucido.
Il suo difetto principale? Una certa prevedibilità narrativa rispetto al primo capitolo. Dove Death Stranding colpiva per l’originalità assoluta, il sequel affascina ma non stupisce allo stesso modo. Alcune sezioni risultano lente, e la quantità di dialoghi espositivi può pesare se non si è totalmente coinvolti.
Nonostante questo, Death Stranding 2 resta un’esperienza unica, diversa da qualsiasi altro gioco in uscita nel 2025. Più che un sequel, è un’estensione coerente di un mondo personale. E se ci entri, è difficile uscirne.
L’articolo I 5 migliori giochi del 2025 (finora): tra narrativa, sperimentazione e ritorni eccellenti sembra essere il primo su Smartworld.