
Nel panorama dell’intelligenza artificiale generativa, il confronto tra Cina e Stati Uniti si gioca sempre più spesso su strategie diametralmente opposte. Da una parte i grandi colossi americani mantengono un controllo stretto sui propri modelli, che restano proprietari e a pagamento. Dall’altra, le aziende cinesi rilasciano modelli sempre più avanzati in modalità open source e gratuiti, scommettendo sulla collaborazione e sulla rapidità di adozione.
Il nuovo protagonista di questa sfida è Kimi K2, il modello appena lanciato da Moonshot AI, una startup cinese sostenuta da Alibaba. Kimi K2 non solo è accessibile a tutti, ma secondo i suoi sviluppatori riesce già a superare GPT-4o in velocità e prestazioni, soprattutto nel coding e nei compiti da agente. Un segnale forte che mostra dove la Cina vuole arrivare nel campo dell’AI.
Moonshot AI è una giovane realtà fondata nel 2023 da Yang Zhilin, ex studente della prestigiosa Tsinghua University, ma ha già attirato l’attenzione degli addetti ai lavori. Dopo un 2024 in cui aveva conquistato il pubblico grazie alle sue analisi di testi lunghi e alle funzioni di ricerca AI, l’azienda ha perso terreno nei mesi successivi, scivolando dal terzo al settimo posto per numero di utenti attivi. Oggi però rilancia con Kimi K2, un modello che promette di rimetterla al centro del panorama cinese.
Kimi K2 è gratuito, open source e soprattutto sorprendentemente potente. Secondo Moonshot, il modello offre prestazioni superiori a GPT-4o in diversi scenari: elabora richieste in modo più rapido, scrive codice in maniera più efficace, ed è più abile nel gestire attività complesse suddividendole in micro-compiti, come un vero e proprio agente autonomo.
Il confronto con GPT-4o non è l’unico: Moonshot sostiene che Kimi K2 batte anche modelli open source rivali, come DeepSeek V3, e in alcune funzioni riesce addirittura ad avvicinarsi ai modelli di punta americani, come quelli di Anthropic.
Queste capacità derivano da una struttura progettata per integrare strumenti esterni e agenti software, un’architettura che consente al modello di operare in contesti dinamici, adattandosi a compiti specifici con grande flessibilità. L’obiettivo? Non è solo competere nel mercato interno, ma anche dimostrare al mondo il livello tecnologico raggiunto dall’AI cinese.
Negli ultimi mesi, la Cina ha accelerato su un fronte che in Occidente viene ancora trattato con cautela: l’intelligenza artificiale open source. A differenza di colossi americani come OpenAI e Google, che custodiscono gelosamente i loro modelli più avanzati, molte aziende cinesi stanno scegliendo di aprire il codice dei propri sistemi, permettendo a sviluppatori, ricercatori e startup di adattarli, migliorarli e usarli liberamente.
Moonshot non è sola in questa strategia. Altri nomi di peso come DeepSeek, Alibaba, Tencent e Baidu hanno già pubblicato modelli open source nel corso dell’ultimo anno. DeepSeek, in particolare, ha avuto un impatto forte con modelli a basso costo e ad alte prestazioni, come l’R1, lanciato lo scorso gennaio, che ha contribuito a ridefinire gli equilibri del settore.
Questa corsa al codice aperto non è casuale: è una risposta diretta ai tentativi degli Stati Uniti di limitare l’accesso della Cina a tecnologie chiave. Aprendo i propri modelli, le aziende cinesi riescono a costruire comunità di sviluppo più ampie, rafforzare la propria influenza internazionale e mostrare le proprie capacità senza dipendere da piattaforme occidentali.
È una strategia che unisce politica industriale e ambizione tecnologica. Nel momento in cui i modelli come Kimi K2 diventano competitivi anche con i giganti statunitensi, l’open source cinese assume un valore ancora più forte: non solo per chi sviluppa, ma anche per chi cerca alternative gratuite e performanti ai modelli commerciali dominanti.
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